Giappone-Stati Uniti, 5:3. La grande rapina del sogno americano

Francoforte, 17 luglio. Una piccola donna con gli occhi a mandorla vestita di maglia e calzoncini blu alza al cielo una coppa dorata in un tripudio di coriandoli e strisce che piovono da chissà dove. Lei e le sue compagne sono su un campo di erba verde, ma stanotte quel campo è il tetto del mondo. Sono le campionesse del mondo. E sono nella Storia.

Sembrerebbe il finale di un film americano, un Rocky IV del ventunesimo secolo, un Fuga per la Vittoria, ma qui è diverso. Perché il mattatore della storia, il Sylvester Stallone di questo film si chiama invece Homare Sawa e ha molti meno muscoli, probabilmente non porta una ’44 alla cintura e sfoggia un sorriso grazioso e molto femminile.

La nazionale giapponese di calcio femminile vince così il suo primo mondiale, dopo una partita tutta giocata col cuore e il coltello fra i denti, contro l’avversario a stelle e strisce, fisicamente più prestante e tatticamente messo meglio in campo. Gli Stati Uniti erano favoriti, ma stavolta hanno fatto loro la fine di Ivan Drago. C’è poco da fare: è stata un Pearl Harbour sportiva. Al tappeto le ha messe la determinazione delle guerriere giapponesi, il gol straordinario alla Hernan Crespo di Homare Sawa al 117° che ha pareggiato le sorti all’ultimo e la fatale lotteria dei calci di rigore.

Tre immagini mi porto dietro di questo bel film: Homare Sawa, capitano col numero 10 (chi ha giocato a calcio sa cosa significa) che alza la coppa al cielo.

Japan-USA

Le mani delle giocatrici giapponesi che si uniscono nel gesto di alzare nuovamente la coppa.

Gli occhi vitrei delle americane, seconde, che si vedono scippare il loro sogno, il sogno americano. Tutte belle, quasi le avessero scelte per un film.

Eh, sì sembrerebbe davvero un film. A pochi mesi dal disastro di Fukushima la squadra che fa tornare un Paese intero a sognare, gli fa dimenticare per un attimo a tragedia, i morti, gli errori. Per un’ora io e Scacco davanti alla TV ci siamo sentiti giapponesi anche noi, le abbiamo tifate come fossero la nostra nazionale. E’ incredibile quanto lo sport riesca ad infrangere ogni confine politico, sociale, sessuale di sovrumana concezione.

Con la sconfitta delle americane si spezza il sogno delle belle e hollywoodiane (più che calciatrici sembravano cheerleaders) in maglietta e calzoncini bianchi. Vince la compostezza, la gracilità e l’eleganza nipponica. Avete visto le facce con cui le giapponesi hanno ritirato le medaglie d’oro? Sono convinto che l’espressione sarebbe stata la stessa se avessero dovuto ritirare quella d’argento. Compostezza e cuore. Ma soprattutto un gran gol al 117° e una parata straordinaria sul primo rigore.

Signore signori, chapeau al sole nascente!

2 risposte a “Giappone-Stati Uniti, 5:3. La grande rapina del sogno americano

  1. 2 matti che si trovano a mezzanotte di domenica sera sul divano a tifare per la nazionale giapponese di calcio femminile…succede solo in via donatori….

    • era una partita che non si vedeva dai tempi di NEW TEAM – MAMBO: Oliver Hutton vs Julian Ross (campione di vetro). Grande Scacco! Ci mancava solo che avessimo la fascetta bianca in testa come i giapponesi!

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