Resoconto del confronto pubblico sull’emergenza asili a Modena

Alle 21 passate in un’aula magna dell’Istituto Corni di via Leonardo da Vinci gremitissima comincia di fatto l’assemblea pubblica che vede sul banco dei relatori l’assessore con delega all’istruzione, politiche per l’infanzia e l’adolescenza e rapporti con l’Università Adriana Querzè insieme al sindaco Giorgio Pighi.

Il sindaco e l’assessore in due lunghi interventi espongono il problema. In quattro asili comunali non è possibile effettuare il reintegro degli insegnanti che hanno cessato la loro attività, a causa della riduzione del turnover al 20% sancita dal Patto di Stabilità (ogni 5 cessazioni di attività si può assumere un solo insegnante e solo a tempo indeterminato). Per questo motivo tali asili si troveranno impossibilitati a continuare ad erogare il servzio alle medesime condizioni finora garantite. La causa che Pighi e Querzè si dicono perciò costretti a perorare è quella della privatizzazione degli asili, attraverso l’istituzione di una (o più?) fondazioni con un CdA formato da membri del Comune e raprresentanti dei genitori. L’annunicio era piuttosto scontato per chi ha seguito la vicenda, e ricalca le dichiarazioni già fatte dall’assessore a più riprese. Ma procediamo con cordine.

In più occasioni il sindaco Pighi attribuisce la responsabilità di questa emergenza al governo Berlusconi. Definisce “inadempiente” e “inefficiente” lo “Stato”, per aver limitato l’azione dei comuni in “spazi normativi troppo angusti” che non permettono alla maggior parte dei comuni, specialmente quelli “più efficienti” come Modena, di garantire la continuità del servizio pubblico. Non è una questione di assenza di fondi per gli asili. Quelli ci sarebbero, ma non si può effettuare il reintegro degli insegnanti cessanti attività.

Il tono di Pighi, più che da assemblea pubblica è da foro. Sceglie accuratamente le parole in una veste che a tutti appare più di avvocato che di sindaco, ben consapevole del terreno irto che si trova a percorrere, ma forse non completamente preparato al grado di informazione che il pubblico, costituito di insegnanti, genitori, membri del Comitato “Giù le mani dagli asili”, dimostrerà di avere nel dibattito successvo. Pighi difende l’operato della giunta e dell’assessore Querzè, attorno al quale fa quadrato. Si dice contrario alla privatizzazione tout court e annuncia la soluzione della fondazione di cui anche il Rasoio ha trattatato in un precedente articolo che ha visto anche la partecipazione al dibattito di due consiglieri comunali del Pd, Giulia Morini e Giulio Guerzoni.

L’assessore Querzè prende la parola e torna a illustrare la problematica che definisce “tecnicamente complessa” e sottolinea l’eccellenza del modello modenese costruito quando le condizioni economiche e legislative erano favorevoli, ma ora difficilmente conservabile. L’unica soluzione percorribile, ribadisce l’assessore, è quella della privatizzazione. La privatizzazione va fatta “adesso”, aggiunge con enfasi, per evitare che molti bambini rimangano senza un posto all’asilo nel 2012. L’esternalizzazione comincerebbe da due scuole solo nelle classi dei 3 anni, limitata quindi alle situazioni in carenza di personale non reintegrabile.

Ma l’assessore non si ferma qui: invita a ripensare al modello generale di educazione e di gestione della cosa pubblica, in un momento storico di grandi mutamenti come questo. Un modello che secondo l’assessore deve essere superato attraverso il progressivo affidamento alle fondazioni, magari anche attraverso la promozione dell’azionariato popolare, cioè attraverso la partecipazione agli utili e alle decisioni delle fondazioni da parte di privati cittadini. Infine aggiunge che il Comune si impegnerebbe a bloccare istantaneamente il processo di privatizzazione nel caso di deroghe al patto di stabilità o di modifiche legislative in materia di assunzioni nel pubblico impiego.

Seguono numerosi interventi di genitori del comitato e di insegnanti delle diverse scuole d’infanzia. Una insegnante in servizio da 40 anni in un asilo comunale risponde all’assessore che perorava la cusa della fondazione: “Fondazioni, cooperative, eccetera non sono la stessa cosa del servizio pubblico. Alle cooperative diciamo: ricordatevi come siete nate”. Scattano gli applausi.

Un’altra insegnante accusa l’assessore di non  aver previsto  nei CdA delle fondazioni posti per gli insegnanti che in materia di didattica, gestione e organizzazione del servizio devono avere voce determinante in capitolo.

La tensione cresce quando un genitore chiede perché il Comune si presenti con una e una sola soluzione in tasca che va forzosamente accettata, pena l’esclusione di alcuni bambini dal servizio pubblico. Pighi, in risposta, rivendica di aver guidato l’Anci nella battaglia contro questa norma del patto di stabilità e promette di continuare a fare pressioni a Roma per apporre deroghe al decreto.

Altri interventi si sussueguono, in larga parte critici nei confronti della proposta “fondazione”. Il rischio denunciato dai genitori è il decadimento dei servizi, oltre alla possibilità che in 3 anni di asilo i bambini cambino più insegnanti, e siano soggetti di anno in anno a mutamenti di orario e condizioni di servizio. Gli insegnanti a più riprese paventano un peggioramento delle condizioni contrattuali col passaggio alla gestione privata che notoriamente applica contratti di gran lunga più svantaggiosi rispetto al pubblico impiego, sia dal punto di vista salariale che di tutele, come aveva affermato anche l’assessore Querzè in una intervista a Davide Berti della Gazzetta di Modena il 19 febbraio.

I toni sono rimasti accesi fino alla conclusione. La preoccupazione rimane tanta, perché chi è coinvolto nell’affare degli asili sa di trovarsi di fronte ad un bivio epocale. Accettare ciò che viene presentato come ineluttabile dal partito o come suggerisce qualcuno dal pubblico dar battaglia “anche fuori dalle regole”(per altro riscuotendo numerosi applausi)?

E se viene superato lo scoglio degli asili, quanti e quali altri servizi ed enti pubblici saranno privatizzati? A quanti lavoratori verrà chiesto di abbandonare il posto pubblico per entrare nella logica del mercato e del profitto? I costi dei servizi saranno abbattuti? E se sì, a spese di chi? La qualità del servizio verrà mantenuta dagli azionisti delle fondazioni che ad oggi sembrano essere l’unica soluzione percorribile? Esistono già imprese, banche, cordate che hanno espresso al Comune la volontà di entrare nel business degli asili? O i bandi rischiano di andare deserti?

Per le risposte definitive bisognerà ancora aspettare.

8 risposte a “Resoconto del confronto pubblico sull’emergenza asili a Modena

  1. Io ieri sera non c’ero, perché impegnato in un Forum di SEL sulle mafie. Anche a me è stato riferito che si è trattato di un confronto franco, partecipato e costruttivo. Qui il punto è uno: o ci impegniamo tutti per una battaglia che sensibilizzi l’opinione pubblica sull’allentamento (o l’abolizione) dei vincoli legali-normativi (vedi Patto di Stabilità), specialmente riguardo a comparti sensibili quali l’istruzione; ma sapendo, al tempo stesso, che la gestione comunale delle scuole, purtroppo, è prerogativa di poche realtà in Italia, Modena tra queste, e dunque si avrebbe poca forza per intervenire su un livello nazionale. Se i limiti di una battaglia del genere sono questi e se questi fanno prevedere tempi lunghi, si tratta comunque di prendere delle decisioni in tempi stringenti. Io credo che la nostra proposta abbia il merito di aprire una breccia che superi la sterile contrapposizione pubblico-privato e che, escludendo l’orizzonte degli appalti (inevitabilmente lesiva delle garanzie sociali per i lavoratori), prefiguri una soluzione che salvaguardi qualità ed occupazione attraverso un controllo democratico e partecipato da Comune, genitori, lavoratori.

  2. Grazie mille per l’intervento Peppe, che mi consente di aprire il dibattito.
    Mi peremetto di obiettare su due punti.

    1) la legge di stabilità è del 2010. Perché arriviamo solo oggi al dibattito pubblico? Il comune non sapeva da due anni che gli insegnanti sarebbero andati in pensione? L’atteggiamento di arrivare all’ultimo momento con una e una sola soluzione percorribile è scorretto nei confronti di genitori e lavoratori e quantomeno sospetto nei confronti della cittadinanza. Oggi -guarda caso- in consiglio comunale già si parla di privatizzare anche tutti gli enti culturali della città, sempre -ovviamente- in mano a fondazioni per ora fantomatiche, visto che non si mette al corrente nessuno della loro qualità.

    2) I termini del patto di stabilità non sono sostenibili? Tutti i sindaci dell’ANCI lo lamentano e ci riempiono pagine di giornali e web, facendoci una testa grande come un pallone da rugby. Riunioni, incontri a Palazzo Chigi, assemblee pubbliche. Ma scusate, non siamo mica in un regime militare! Se un superiore (nel nostro caso il Parlamento, composto per altro dagli stessi partiti che amministrano le città) dà un ordine, detta delle regole o scrive leggi che non si condividono esiste uno strumento che si chiama DIMISSIONI. In democrazia, le dimissioni servono proprio a dimostrare pubblicamente il dissenso nei confronti delle politiche dei superiori. Vorrei vedere se tutti i consiglieri, assessori e sindaci delle città italiane si dimettessero…
    Lo farebbero? Rinuncerebbero al cursus honorum che un giorno li porterà a Montecitorio o a Palazzo Madama?

    Non lo faranno e sai perché, Peppe? Perché quando ieri il sindaco e l’assessore parlavano al pubblico, non parlavano da leader combattivi, ma da sottotenenti che hanno già firmato la resa in cambio di un salvacondotto per altri più rosei lidi.
    Da un membro della classe dirigente mi aspetto altro atteggiamento o le dimissioni immediate per incapacità conclamata. Ed è quello che ierisera si aspettavano tutti. Per questo la gente si incazza e più chiedete di “moderare i toni” alla gente che perde il lavoro o che non sa dove mandare il proprio figlio all’asilo, più la gente si incazza. La gente vuole tornare a combattere per le proprie idee, per i propri diritti e per il proprio portafoglio, visto che con le privatizzazioni, come si è visto per Trenitalia o Telecom Italia le tariffe crescono del 100% nel giro di 5 anni, mentre l’inflazione è all’1%, che in cinque anni fa il 5%. La gente non vuole più essere schiava dei tecnocrati che scrivono norme per fare eccezioni e subire giorno dopo giorno il depauperamento progressivo e inesorabile dei propri beni pagati da generazioni di cittadini, beni che ieri Pighi e Querzè hanno sostenuto di voler privatizzare. E oggi al via con la cultura. Qual è la posizione di Sel su quello che ha detto oggi Alperoli in consiglio comunale, e cioè sulla privatizzazione delle Biblioteche, dei Musei Civici, della Galleria Civica?

    • Non commento le tue affermazioni. Io credo che la gente vada ascoltata e che spesso i rappresentanti dei partiti lo facciano poco; ho anche scritto un articolo su questo che si conclude in questo modo: “E’ ora di dirlo chiaro: se il Partito democratico non sceglie in fretta con chi stare in prospettiva 2013, e non coglie i segnali e i fermenti che da sinistra si intrecciano impetuosi, ho l’impressione che perderemo l’occasione storica di un’alleanza ricostituente tra movimenti, partiti e cittadinanza attiva, che parli con linguaggio semplice e proposte alternative al popolo degli sfiduciati e degli astensionisti, oltre che al Paese”.
      Detto ciò, vado al sodo: la discussione sulla scelleratezza della Legge di Stabilità è sempre esistita; ovviamente essa salta fuori, con più urgenza, quando si presenta un problema concreto che ci riguarda. Io credo, ad esempio, che si debba promuovere una campagna che sensibilizzi l’opinione pubblica sugli effetti negativi che la Legge di Stabilità, specie per i Comuni virtuosi che hanno i soldi in cassa senza poterli spendere. L’opzione delle “dimissioni di massa” come gesto di protesta, potrebbe essere utile, ma alle dimostrazioni plateali preferisco il lavoro profondo, di studio e di scavo, che incida al di là del momento. Non ero in Consiglio comunale lunedì ed ho letto il comunicato stampa di Alperoli e Pighi in cui si accenna al fatto della “riorganizzazione degli istituti culturali della città”. Se questo indirizzo dovesse tradursi in privatizzazione, noi saremmo contrari. Io, che non sono modenese pur vivendo qui da tre anni, credo che a Modena ci sia un’eccellente produzione culturale stimolata dal versante istituzionale e che vada preservata; guardo, inoltre, con favore ad esperienze di autogestione costruttiva promosse da luoghi come il Teatro Valle di Roma.

  3. Ciao!
    non voglio entrare nei dettagli legislativi di questa delicata questione ma solo lasciare la mia testimonianza di giovane insegnante, piena di esperienza e di voglia di fare.
    Ho 30 anni e faccio la maestra da più di dieci anni. Ho lavorato per diverse cooperative, per fondazioni, scuole private, scuole comunali e pubbliche. Personalmente ritengo di aver avuto un percorso di studi ricco, ho conseguito la Laurea, un master e migliaia di altre cose. Se ho voluto arricchire il mio bagaglio professionale e culturale l’ho fatto principalmente per me, per crescere e per dare sempre di più e sempre qualcosa di nuovo nel mio lavoro nonostante la retribuzione economica degli incarichi che ho avuto fosse davvero … una miseria(900 euro al mese per 36/40 ore alla settimana). ed ora che lavoro per il Comene e che Abbiamo lavorato tanto per arrivare ad una eccellenza così delle scuole ci dicono che non è più possibile che vengano gestite dal comune? ma scherziamo? ma sapete cosa significa per noi insegnanti lavorare per un ente privato (fondazione o cooperativa che sia)? significa lavorare con una motivazione fatta solo ed esclusivamente dell’amore per il tuo lavoro, significa dover incastrare 3 lavori per arrivare a fine mese, significa lavorare di più con meno gratificazione, significa perdere di vista la qualità a cui siamo abituati. Sinceramente sono stanca di combattere contro un sistema che tanto ha già deciso ciò che farà, che riduce tutto all’economia, che non prova neanche a trovare soluzioni alternative. Sinceramente sono stanca di vedere che noi giovani che lavoriamo con amore e fatica veniamo chiamamti “bamboccioni” per l’impossibilità di farci una vita nostra perchè ditemi, come si fa a vivere con 900 euro al mese? come si fa a costuirsi una vita, una famiglia, una propria indipendenza?
    Sarei prorprio contenta se potessi avere delle risposte …
    Grazie
    Elli

  4. Cara Elisa, il tuo lavoro e la tua storia meritano un grande rispetto. A partire da questo rispetto il Partito Democratico, che si autodefinisce il partito del lavoro, e le altre formazioni di sinistra avrebbero dovuto avviare una battaglia di fuoco. Evidentemente questo partito fa molta fatica a rappresentare le persone come te, quindi l’unica cosa che ci rimane da fare è rivolgerci a quei politici che sono in grado di farlo: a Modena al momento non vedo nessuno, o quasi; oppure autorappresentarci come sta avvenendo nel caso degli asili nido. In ogni caso le cose stanno cambiando, tira un’aria di rinnovamento nel paese. Se il Partito Democratico non sarà in grado di coglierla ci penserà qualcun altro. Nel caso in cui invece dovesse prevalere la forza dell’interesse privato, ci rimane sempre la disobbedienza civile come ultima ratio: del resto non si può accettare di vivere una vita di schiavitù dove la rotta personale non è costituita dai nostri sogni, ma dall’imposizione coercitiva di chi detiene il potere.

  5. Il Partito? Il Partito e’ una chimera dietro cui ci nascondiamo perche’ la staticita’ della nostra vita attualmente e’ comunque piu’ sicura di una dinamicita’ di cambiamento e rivoluzione.

  6. Buongiorno a tutti,
    sono Tania Scacchetti della segreteria della CGIL di Modena e utilizzo ( forse impropriamente… ) questa mail avendo letto con interesse il resoconto dell’assemblea pubblica sul tema della possibile ” privatizzazione ” di alcune scuole materne, su cui poi Enrico Monaco ha , via facebook , chiesto, con correttezza, cosa dice la CGIL.

    Nelle ultime settimane abbiamo espresso il nostro parere attraverso alcuni comunicati stampa , con una tavola rotonda sul futuro del sistema di welfare , con alcuni ragionamenti sul tema generale delle esternalizzazioni sempre cercando di inserire il ragionamento della privatizzazione delle scuole in un ambito più generale , quello del rischio della tenuta del nostro sistema di welfare .

    Noi da anni, come CGIL , denunciamo e ci mobilitiamo, da soli ma con grande consenso delle persone come dimostrano fra gli altri le piazze del 6 maggio e del 6 settembre , contro tagli alla spesa pubblica fatti senza alcun obiettivo di efficenza e che scaricano su regioni ed enti Locali effetti insostenibili che rischiano di portare non solo a maggiori esternalizzazioni ma anche alla effettiva possibilità di continuare a garantire i servizi , e contro manovre che penalizzano ( vedi il blocco delle assunzioni per citarne solo uno ) non solo i lavoratori pubblici, ma il lavoro pubblico .

    Per questo noi non possiamo accettare acriticamente nè la scelta di privatizzare le scuole materne, nè quella di esternalizzare un’altra struttura protetta ( per citare il Comune di Modena ) nè quelle più generali che vedono impoverirsi il nostro sistema dei servizi, perchè ciò che va contrastato è l’idea della riduzione del perimetro pubblico e della garanzia pubblica nell’erogazione dei servizi, che sono le condizioni primarie per continuare a parlare di un sistema universale e non residuale di welfare.

    Certo rispetto al tema delle esternalizzazioni non siamo all’anno zero e a chi rivendica al pubblico l’esclusivo ruolo della governance ( per esternalizzare maggiormente ) noi replichiamo che per avere una buona governance è necessario avere anche un significativo livello di gestione; il punto quindi su cui dal nostro punto di vista occorrerebbe fare sistema e superare le discussioni Comune per Comune è di quali trasformazioni ragionare per salvaguardare il nostro welfare e per renderlo rispondente anche ai nuovi bisogni .
    Quindi noi vorremo che si definisse quali servizi devono rimanere a gestione pubblica e sulle esternalizzazioni il punto non è solo quante , ma in quali servizi, con quali limiti a quali soggetti e con quali garanzie , per i lavoratori e per gli utenti.

    Oggi, e questa è in parte la novità nella discussione sulle materne , alcune scelte rischiano di essere “obbligate ” a fronte della impossibilità di sostituzione del personale, tema che dovrebbe chiamare in causa dal nosto punto di vista la messa in discussione del Patto di stabilità, non tuttavia come scelta del singolo comune ma come azione collettiva , che consenta ai Comuni , in modo collettivo, di far prevalere le ragioni dello sviluppo , della crescita e della garanzia della continuità e del mantenimento dei servizi.

    i testi dei comunicati , se possono interessare, ve li posso inoltrare; oltre a ciò , evidentemente , c’è la disponibilità mia e della organizzazione che rappresento a trovare ulteriori momenti di confronto.

    per la CGIL
    Tania Scacchetti

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